Strage di Via D'Amelio

Saltare in aria, vent’anni fa a Via D’Amelio

Sono le 16.58. Oggi è il 19 Luglio. Esattamente 20 anni fa perdevano la vita Paolo Borsellino, magistrato italiano, e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Strage di Via D’Amelio

Questo post non servirà a riportarli in vita, non servirà a migliorare me e nessuno di voi, non servirà a cancellare nessuna mafia.
Servirà a ricordare però chi le mafie le ha combattute e a dire a noi che dovremmo avere il coraggio di combatterle ancora.

20 anni e ancora non siamo CAPACI?

Oggi, diversamente dal solito, vorrei ricordare in ordine inverso un poco di persone. 23 maggio 1992. Strage di Capaci.

Vorrei ricordare Rocco Dicillo, un uomo di 30 anni, che quel giorno era seduto sul sedile posteriore di una Fiat Croma, la prima di tre che riaccompagnavano un magistrato a Palermo. Un ragazzo che in un attimo, investito da un’esplosione con una potenza inaudita, perse la propria vita.

Rocco Dicillo 13 aprile 1962 - 23 maggio 1992

Vorrei ricordare Antonio Montinaro, marito di Tina e padre di due figli, anche lui 30 anni, ci penso e noto che era più giovane di me oggi, Lui era seduto sulla stessa Fiat Croma, la prima delle tre, sul sedile passeggero, ed anche lui immediatamente perse la vita, sull’Autostrada A29 all’altezza dello svincolo per Capaci. Lui era il capo della scorta.

Antonio Montinaro 8 Settembre 1962 – 23 maggio 1992

Vorrei ricordare Vito Schifani, poco più che un ragazzo, 27 anni, forse 26, su internet nemmeno si trova la sua data di nascita, nè si capisce se sia nato ad Ostuni o a Palermo, ma poco importa questo. Quello che importa è che lui quella prima Fiat Croma marrone la guidava, quella croma che per la violenza della deflagrazione fu sbalzata in un giardino di olivi a più di dieci metri di distanza dal manto stradale. Anche lui immediatamente perse la vita. Di lui ricordo anche la moglie, Rosaria Costa, lasciata sola con un figlio di 4 mesi, ed il suo coraggio.

Vito Schifani 1965 – 23 maggio 1992

Vorrei ricordare Francesca Morvillo, un magistrato italiano attivo nella lotta alla mafia, 46 anni, che poco dopo le ore 18.00 di quel 23 Maggio 1992 saltò in aria nella seconda delle tre Fiat Croma, dove era seduta sul lato passeggero, morì per lesioni interne intorno alle ore 23:00.

Francesca Morvillo 14 dicembre 1945 – 23 maggio 1992

Vorrei ricordare Giovanni Falcone, un uomo, un magistrato, un eroe. Lui la seconda auto la guidava. Ma sicuramente meglio di me lo ricorderete tutti voi. Io lo ringrazio e basta. Come ringrazio gli uomini della sua scorta.

Giovanni Falcone 18 maggio 1939 - 23 maggio 1992

La cosa più importante da ricordare, oltre questi nomi, oltre il loro coraggio, oltre il loro essere eroi in se, è una Strage, la Strage di Capaci, quella del 23 Maggio 1992, quella in cui 500 Kg di tritolo uccisero 5 persone e la speranza di molte persone.

E noi oggi, dopo 20 anni, siamo CAPACI di continuare ciò che loro ci hanno lasciato?

Capaci-Isola delle Femmine. 23 Maggio 1992. 17:58. Addio Giovanni Falcone

19 anni fa, il 23 Maggio 1992, alle ore 17:58, presso lo svincolo di Capaci – Isola delle Femmine, cinque quintali di tritolo segnarono la fine delle vite di Giovanni Falcone, giudice anti-mafia, di sua moglie, Francesca Morvillo, e di tre agenti della sua scorta, Vito SchifaniRocco Di CilloAntonio Montinaro.

Anche se vi sentite al sicuro, lontani da quella che è stata e che è la mafia, ricordativi di loro. Non siate tanto lontani da quelle realtà.

Giovanni Falcone

 

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza.

Giovanni Falcone (Palermo, 18 maggio 1939 – Isola delle Femmine, 23 maggio 1992)

Resto o Vado? Qualcuno dice Vieni via con me!

Ieri sera è stata una splendida serata, una di quelle in cui c’è stato qualcosa di diverso, in cui il Popolo Italiano è stato orgoglioso di definirsi tale.
Ieri è stata la prima serata di Vieni Via con Me, trasmissione presentata da Fabio Fazio e Roberto Saviano che ha risvegliato gli animi assopiti di chi, per fortuna o purtroppo citando Giorgio Gaber come ieri ha fatto Daniele Silvestri, è Italiano.

Vieni via con me”, titolo poco dubbio che apre alle riflessioni sul perchè restare In Italia o perchè andare via dalla stessa, riesce nella sua prima giornata a fare il boom di telespettatori e a battere il Grande Fratello, diretto concorrente nella sfida della prima serata tra Rai e Mediaset.
La trasmissione riesce sotto tutti gli aspetti, riesce in diretta, riesce il giorno dopo, riesce quando Fazio apre la serata, riesce quando Saviano in oltre mezz’ora di monologo parla della macchina del fango, del rischio che corre la democrazia e ricorda Giovanni Falcone, riesce quando Roberto Benigni tra il serio ed il faceto le canta al Premier Silvio Berlusconi, al governo, prendendo in giro tutti da Saviano a Rosy Bindi, riesce quando Nichi Vendola dimostra che l’omosessualità non è un crimine, riesce quando con Claudio Abbado si parla di Cultura, riesce quando si spengono le telecamere.

Nonostante Il Giornale si senta toccato e paragonato alla mafia e corra ai ripari sminuendo il tutto ben accompagnato dal sempre pari passo Libero che parla del buttar fango ma nel verso opposto. I due quotidiani non stanno al gioco e cercano qualsiasi motivo per attaccare Vieni via con me, prima parlando degli alti costi del programma, naturalmente cercando di far leva sul fatto che essendo la RAI il servizio pubblico sono i contribuenti a pagare, ma forse non ricordando gli stipendi d’oro dei propri direttori e soprattutto dimenticando che i quotidiani godono di sovvenzioni statali. Naturalmente poi si passa alla difesa di Berlusconi, all’attacco a Fazio il quale è definito barman, all’attacco a Saviano che viene citato in positivo quando ci differisce dalla Cina e dal fascismo (ma io direi anche da Cuba), ma subito dopo quando si parla di privacy, di quella vera non è un eroe, perchè tocca le escort, perchè tocca Il Giornale.
Accusano di non avere diritto al contraddittorio (insomma come in genere fanno loro ed il loro padrone), accusano lo scrittore della facilità che ha nel nominare Giovanni Falcone, come se non avessero notato che Roberto Saviano già ieri è andato in una precisa direzione, quella di far capire che soli si muore. I due giornali chiudono tornando sui compensi, si leggono cifre astronomiche per i conduttori, addirittura € 2.400.000 in due mentre chi è li a difendere la trasmissione parla di poco più di 400.000 euro, si parla della perdita economica data dal programma.

Niente di tutto ciò regge, per dirla come è stata detta da loro ieri sera, ogni giorno io pago per cose che non voglio, pago per Rete 4, pago per reati mai puniti, pago perchè sono Italiano, ogni giorno vedo la stampa fare i propri comodi, ogni giorno vedo la mafia diventare un’industria,  ogni giorno ho paura del futuro, se mai ci sarà un vero futuro. Questa è l’Italia, un paese dove anche una rumena può essere rapinata, nonostante si chiami Paula Mitrache (ma è conosciuta come Haiducii) e si permetta di dire che solo Simona Ventura può capirla, un paese dove un tizio come Franco Califano che ha sperperato in droga e donne i suoi non pochi guadagni si permetta di dire che non può vivere con solo diecimila euro ogni sei mesi e pretenda l’aiuto dello stato e magari riesca anche ad ottenerlo, un paese dove una grande trasmissione può essere denigrata.

Tutto è riuscito in quella trasmissione e forse l’unica pecca è che dentro c’è troppo cultura affinchè il popolo possa veramente capire.
Nonostante ciò io, almeno per ora, resto. Resto perchè voglio vedere come tutto ciò va a finire.

Diciotto anni dalla morte di Paolo Borselino e dalla strage di via d’Amelio

Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.

Olte diciottani fa Paolo Borsellino pronunciava questa frase, lui come Giovanni Falcone, un eroe.

Paolo Borselino con Giovanni Falcone

Il 19 Luglio 1992, a Palermo, in via Mariano D’Amelio, il magistrato antimafia Paolo Borsellino ed i suoi agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, persero la vita.

Che sia stata la mafia, le istutuzioni, lo stato o una miscela di quete poco importa, sarebbe bello che il loro sacrificio non fosse stato vano.

Diciotto anni dalla morte di Giovanni Falcone e dalla strage di Capaci

Per vent’anni l’Italia è stata governata da un regime fascista in cui ogni dialettica democratica era stata abolita. E successivamente un unico partito, la Democrazia cristiana, ha monopolizzato, soprattutto in Sicilia, il potere, sia pure affiancato da alleati occasionali, fin dal giorno della Liberazione. Dal canto suo, l’opposizione, anche nella lotta alla mafia, non si è sempre dimostrata all’altezza del suo compito, confondendo la lotta politica contro la Democrazia cristiana con le vicende giudiziarie nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra, o nutrendosi di pregiudizi: <<Contro la mafia non si può far niente fino a quando al potere ci sarà questo governo con questi uomini>>.

Sono passati più di diciotto anni da quando è stata detta questa frase, eppure sembra così attuale.

Sono passati 18 anni dalla Strage di Capaci, da quel 23 Maggio 1992 in cui Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro persero la vita per mano della mafia.

Non dimentichiamoli.